Silenziosi e invisibili, ecco i protagonisti di una Udine senza tempo

Vezzosa bimbetta di 84 anni, ordinata e compita, se ne stava come una regina in mezzo ai suoi giornali nel negozio-bazar di via Aquileia, sorridendo alla vita anche se diceva che il mondo si è fatto brutto e difficile. Aveva il nome di un'opera musicale greca, Etsides, e da ragazza sognava di diventare una farfalla colorata per danzare sui palcoscenici... Ecco, sono fatti così, pieni di umanità e poesia, i personaggi che animano un libro come “Gente di Udine (e non solo)” (Corvino editori), scritto dal giornalista Domenico Pecile e presentato nella sala consiliare di Tricesimo, per gli incontri di “Aspettando... La Notte dei lettori”. Come ha detto nel saluto iniziale Martina Delpiccolo, direttrice artistica del festival, sono volti, storie, parole, situazioni tratte dall'oblio che di solito ammanta gli invisibili della città, quelli però che con la loro silenziosa presenza ne intessono la vera anima, dunque la sostanza. Nel dialogo con Antonella Favaro, l'autore ha poi spiegato come, nella nuova edizione del libro, ai 55 personaggi già raccontati a fine anni Novanta sulle pagine del Messaggero Veneto se ne siano aggiunti altri, di cui ha scritto in tempi recenti, pure sul Corriere della sera, uscendo dai confini di Udine e puntando l'attenzione anche su nomi noti, tra politica e cronaca. In questo modo, come ha sottolineato nella prefazione Alberto Terasso, Pecile è riuscito a dare un senso a vicende che sembrano tremendamente distanti tra loro (”Per farlo bisognava però avere ben chiaro che, forse, abbiamo alle spalle un mondo di relazioni e che solo il paese - termine che se declinato all'oggi fa comunità - può garantire. Una dote alla portata di chi il paese lo ha dentro. Soltanto chi ha ben chiaro quest'inestinguibile necessità di raccontarsi, anche nelle minuzie, nelle sensazioni, figuriamoci nello scandire del tempo, può esercitarsi in un'operazione più che azzardata”). Domenico Pecile ha poi spiegato come si è inoltrato in questo universo di volti, guidato dalla curiosità, dall'emotività, parlando quasi sempre in friulano (la lingua materna, quella che consente di dire le cose più intime e rappresenta un viatico essenziale), andando così a dialogare con il battiferro o con la signora in rosa che solcava calma, principesca, le strade della città procedendo con passo misurato e meditato (prima giù il tallone, poi l'intera pianta del piede...), disegnando quasi una Bukovski in sangue blu, un personaggio alternativo rispetto al tono comune. Tutto questo accadeva in contrasto con una Udine che, come ha detto l'autore, negli anni Novanta si riteneva più di sempre una sorta di “caput mundi”, sotto la sua veste elegantina e commerciale, guardinga nel pavoneggiarsi dentro un sistema di rapporti umani molto selettivi. In questo libro è così possibile riagganciare parole e biografie volate via nel tempo, non per una sorta di nostalgia, ma come atto giusto e sorprendente. Alla fine, sono gli invisibili, i silenziosi, gli appartati, gli eroi più veri del vissuto quotidiano. Non parlano, non si svelano perché non hanno la necessità di mostrarsi, ma è importante saperli ascoltare con rispetto e sincerità, senza incrinare l'incanto del loro fragile, prezioso scrigno.