Jacum dai zeis, il leggendario “influencer” che raccontava lo spirito friulano

Jacum dai zeis è un personaggio entrato nel mito friulano facendo una cosa molto semplice. Girava per i nostri mercati con il carretto tirato dal suo “mus”. Vendeva le ceste (da cui il nome che lo rese celebre) e nello stesso tempo da par suo intrecciava storie e storielle, cucite con l'ironia, il buon senso, l'arguzia, destinate in primo luogo a rappresentare anche tanti minimi, ma significativi atti di ribellione e insofferenza verso il mondo dei potenti e di chi comandava. In tal modo Jacum dai zeis è diventato, man mano che la sua fama si è trasmessa con il passaparola e il racconto orale, una sorta di bonario Robin Hood a difesa del popolo friulano, costretto sì a subire imposizioni e volontà altrui, ma anche per nulla rassegnato a tale stato di cose...

Nel fare questo il buon Jacum accompagnato dal fedele “mus” fu precursore di tante cose, esplose adesso nel mondo contemporaneo in cui viviamo. Infatti, da par suo, inventò una sorta di “delivery” perché, dopo il mercato, portava i prodotti che vendeva a casa dei clienti. E fu anche  un pionieristico “influencer” con tantissimi “followers” disseminati nei nostri paesi attorno a Udine, partendo da Paradiso di Pocenia, dove nacque, per arrivare a Talmassons, dove abitava, e a Codroipo, il cui mercato era un po' il centro dei suoi leggendari exploit.

C'è tanto da sapere su un personaggio che racchiude aspetti profondi, autentici, del carattere friulano e che ancora incuriosisce, come si è capito nella biblioteca di Reana del Rojale dove è stato presentato il libro intitolato appunto “Jacum dai zeis” (Edizioni Il Friuli), di Angelo Covazzi, per gli incontri di “Aspettando... La Notte dei lettori”. E' una nuova edizione (pubblicata a un secolo dalla morte di Jacum, avvenuta nel 1921) di testi già apparsi negli anni Novanta in cui Covazzi aveva raccolto le storie riguardanti Jacum, fino ad allora rimaste nella tradizione orale, andando paese per paese a contattare chi aveva ricordi al riguardo. E così il raggio d'azione va dai luoghi attorno a Talmassons fino a Lignano e a Cividale, approdando naturalmente a Udine dove Jacum ne combinò di tutti i colori. Per saperlo bastano i capitoletti riguardanti la sua sosta al caffè Contarena oppure il dialogo con il vigile urbano che, in “Basta la mosse” (letto da Martina Delpiccolo, direttrice artistica del festival, che ha introdotto la presentazione), tentava di multarlo, venendo messo nel sacco dall'arguto venditore di ceste.  A proposito di queste, l'assessore comunale Anna Zossi ha ricordato che Jacum veniva proprio nel Rojale, patria dei famosi cestai, con in testa la famiglia Celotti, a rifornirsi dei prodotti da vendere, com'è testimoniato in preziosi libri storici su questo territorio.

Il mondo di Jacum è stato poi narrato nel dettaglio da Guido Covazzi, figlio di Angelo, e da Eros Cisilino, presidente dell'Arlef, tutto rigorosamente in friulano, per spiegare chi erano Jacum, al secolo Giacomo Bonutti, e chi lo scrittore che ne ha proposto, con acume e pazienza, le gesta e le storie. Quasi un nuovo Jacum pure lui nel costruire un libro che ha i tempi di una commedia, con i capitoli che citano posti leggendari e antiche osterie, con l'intreccio di una trama e poi la soluzione finale, quella che fa scaturire attraverso una battuta il sorriso e resta nella memoria. L'obiettivo, sia di Jacum sia di Angelo Covazzi, era lo stesso in definitiva: dare anima a un Friuli semplice, popolare, genuino, ma sempre vitalissimo, tanto che queste pillole, pardon queste ceste di arguta saggezza fanno ancora il loro effetto. Sono l'antidoto necessario per affrontare con un sorriso e un po' di ironia le difficoltà quotidiane. Quella volta, ora e sempre.