Calvino, Eco, tarocchi e cibernetica: l'ars combinatoria di Mario Turello

Si può fare letteratura traendo spunto e ispirazione da tante cose, da tante suggestioni, anche dai tarocchi come seppe fare Italo Calvino per intrecciare il suo “Il castello dei destini incrociati”, un testo del 1973 attorno al quale Mario Turello ha costruito uno dei sorprendenti capitoli di un suo libro, pieno di fascino, di cultura palpitante, anche di mistero e di incontri intriganti, come “Ars combinatoria. Sette saggi fra tarocchi e cibernetica” (La Nuova Base editrice), presentato nella splendida Villa Pighin a Pavia di Udine per gli incontri di “Aspettando... La Notte dei lettori”. Dialogando con Stefano Stefanutti, Turello ha accompagnato il pubblico dentro un universo letterario inconsueto, fatto di straordinari personaggi che da soli aprono ulteriori approfondimenti assolutamente singolari, come succede per esempio con Giovanni Fontana, nato a Venezia e presente in Friuli attorno al 1440 dopo essersi laureato a Padova in medicina, mostrando fin da subito una personalità geniale e creativa, divenendo una sorta di Leonardo ante litteram che, come spiega Turello nel libro, amava giocare soprattutto con gli aspetti magici e demoniaci, attraverso i quali prefigurò qualcosa di ciò che in seguito diverrà il “Teatro della memoria” di Giulio Camillo, altro personaggio caro da sempre a Turello e tutto da sondare e conoscere, capace di creare un meccanismo di incredibile preveggenza che don Giuseppe Marchetti, nel suo monumentale “Friuli. Uomini e tempi”, definì un anticipo del “cervello elettronico”.  E va ricordato che pre Marchetti ebbe tale intuizione attorno al 1956, in epoca ancora pionieristica per tutto ciò che è cambiato nelle nostre vite attraverso i computer...

Insomma, come è stato spiegato a Villa Pighin, l’espressione “tecnica combinatoria”, o “gioco combinatorio”, indica la necessità che i materiali narrativi siano strutturati in base a scelte rigidamente razionali, predisposte secondo schemi fissati in precedenza, seguendo regole prestabilite e non modificabili dall’influenza di ispirazioni, emozioni, sentimenti. Nel 1960, a Parigi, nacque addirittura un gruppo di scrittori accomunati dal piacere per una scrittura fondata sulla tecnica della narrazione combinatoria: si trattava del gruppo dell'”Oulipo”, sigla che stava per “Ouvroir de littélature potentielle”, “laboratorio di letteratura potenziale”. Tra i partecipanti, dove spiccavano i nomi di Raymond Queneau e di Georges Perec, c’era Italo Calvino, il quale applicò i meccanismi combinatori nella sua produzione degli anni Sessanta e Settanta, appunto dal “Castello dei destini incrociati alle “Città invisibili a “Se una notte d’inverno un viaggiatore”. E a lui Mario Turello dedica nel libro il capitolo intitolato “Calvino, i tarocchi e la cibernetica”, mentre gli altri sei si soffermano nello specifico sulla letteratura combinatoria, su Umberto Eco, su Primo Levi, su Gianni Rodari, sulla “Lucrezia anagrammata” e su Giovanni Fontana. Nella prefazione di questo libro raro e prezioso, Giuseppe O. Longo introduce il lettore nell'universo combinatorio creato a sua volta da Mario Turello e ricorda l'elogio inviato all'autore da Umberto Eco con riferimento alla splendida recensione parallela riguardante i romanzi “Il pendolo di Foucalt” e “Il nome della rosa”. Testo che appare ora nel libro “Ars combinatoria” sotto lo straordinario titolo “Il nome del pendolo. La nostalgia di Dio nei romanzi di Umberto Eco”.