“Un secolo sconfinato”: così lo spirito di Gorizia può sconfiggere i fantasmi del Novecento

Michele Martina era un democristiano di Gorizia, Jozko Strukelj un comunista di Nova Gorica. Si erano conosciuti da ragazzi ed entrambi, come tutta la gente di quelle zone, avevano vissuto il trauma drammatico del confine tracciato in una notte del 1947 con una linea che, senza tener conto di quanto era successo fino ad allora, nei secoli, aveva eretto una cortina di ferro, un invisibile muro, tra le case, gli orti, i giardini, le esistenze, i sentimenti, le parentele, gli amori. Quei due ragazzi avevano poi affrontato la politica ed erano diventati sindaci delle rispettive città negli anni Sessanta vivendo tale situazione dal rispettivo punto di vista personale e ideologico, ma trovando un terreno di dialogo e confronto nello “spirito di Gorizia”  che li avvicinava. E così avviarono una loro diplomazia parallela, in chiave locale, isontina, che contrastava con il quadro nazionale e internazionale, dando inizio a una serie di riunioni clandestine tra le giunte delle due città.

Nacque così quella che lo scrittore e poeta Celso Macor definì “la frontiera aperta alla fiducia”. Un modello straordinario, riguardante quel periodo del nostro passato e da prendere a esempio anche ai tempi attuali, quando Gorizia e Nova Gorica si apprestano a rivestire nel 2025 il ruolo di capitale europea della cultura. Compito che assume tanti significati, non solamente per le due città, ma per tutta la regione, soprattutto in un periodo così complicato, angoscioso, incerto per l'Europa non lontana da noi.

La storia di Michele e Jozko è stata raccontata durante lo spettacolo “Un secolo sconfinato” che, nel teatro San Giorgio di Udine, ha chiuso i 42 eventi della lunga anteprima intitolata “Aspettando... La Notte dei lettori”, un viaggio avvenuto in venti Comuni attorno a Udine per parlare di libri e non solo, in un dialogo con decine di protagonisti. Non a caso l'atto finale è stato affidato a questo spettacolo con protagonisti, nel progetto Friulimes, l'attore Giorgio Monte e il fisarmonicista Gianni Fassetta su testi di Romeo  Pignat. Come ha ricordato, nel presentarli al pubblico, Martina Delpiccolo, direttrice artistica del festival, il tema del confine, dell'Europa lacerata e di Gorizia sarà anche al centro de “La Notte dei lettori”, la cui nona edizione sarà intitolata “Dall'agorà alla Transalpina sotto il cielo di piazza Libertà”. La storia del “secolo sconfinato” diventa dunque emblematica perché narra, con esempi concreti, cosa sia una regione di confine/frontiera duramente provata da vicende geopolitiche che hanno gravato su intere comunità, aggiungendo alle schiere di emigranti economici, altre di profughi, esuli, apolidi, in un’esperienza sconvolgente ed esemplare, che ha messo le popolazioni del Friuli e – soprattutto della Venezia Giulia – a continuo confronto con l’altro, nella terra d’origine e in quelle di emigrazione, lungo franosi crinali che dividono fortune e destini.

“Il fiume che passa tra le disuguaglianze - è stato detto a un certo punto - passa su crinali fragili e si sta poco a essere di qua o di là. Dobbiamo avere coscienza di questa fragilità, che riguarda tutti. Nessuno ne è al riparo”.

Il concerto-racconto con protagonisti Monte e Fassetta ha citato i nostri grandi poeti di confine, come Leonardo Zanier, Pierluigi Cappello, Dino Menichini, padre David Maria Turoldo. Ha ricordato i numeri di cos'è stata l'emigrazione per l'Italia e il Friuli in particolare: dal 1876 sono partiti per il mondo 28 milioni di italiani, di cui un milione e 800 mila da Friuli e Veneto. E poi c'è stato l'accanimento delle guerre: la prima, la seconda, il confine calato come una mannaia, il destino di Trieste, città più ricca d'Europa a inizio Novecento e poi messa in un angolino. Il testo di Pignat è stato accompagnato continuamente da immagini significative tratte dal repertorio fotografico di vari archivi storici (Associazione Bellunesi nel mondo, Associazione Giuliani nel mondo, Circolo Culturale del Monfalconese, Ente Friuli nel mondo, Istituto per gli incontri culturali mitteleuropei).

Lo spettacolo, emozionante, intenso, poetico, è finito con un dialogo tra un'anziana friulana emigrata in Sudamerica decenni fa e una bambina africana del Ghana arrivata adesso in Italia. Entrambe hanno dovuto attraversare il mare, le paure, la solitudine, le morti, le sofferenze... “Ma la via da percorrere è ancora lunga. Non ci resta che aspettare l'uomo nuovo affinché ci liberi dai fantasmi del Novecento. Noi siamo gli altri e le piccole storie non smettono di ripetersi perché una cosa è certa: il naufragio del mondo annienta sempre la dignità delle persone”.