Tra la Vanoni, Don Chisciotte, il rock e tanti tanti tanti libri: quattro chiacchiere (ed un tè) con Ornella Luppi di Damatrà

«Mi chiamo Ornella perchè non avrei potuto chiamarmi in alcun altro modo. Ebbene si, mio padre era un fan sfegatato della Vanoni: le canzoni della mala, il suo stile inimitabile, quella voce nasale che lo faceva impazzire. Insomma, sebbene io mi consideri un’anima rock sono cresciuta a libri, pane, libri e le melodie della Vanoni. Poi, come se non bastasse, succede che mio zio, facendo di mestiere il portinaio, dopo aver lavorato in uno stabile del centro di Milano dove alloggiavano giocatori del Milan e dell’Inter, va a lavorare in un palazzone nel quale ci abitano attori, giornalisti, cantanti in voga nell’epoca del boom. Indovina chi ci viveva in quel palazzo? Boom! Indovinato.»

 

Inizia così il nostro incontro con Ornella Luppi, perchè non è così che si comincia forse, presentandosi a partire dal proprio nome?! «Vedi, quella là è la Signora della canzone italiana! - mi diceva lo zio ogni volta che la incrociavamo. Immaginate la faccia che opponevo io, avevo sei-sette anni, non sapevo nemmeno chi fosse. E’ lei che ti ha dato il tuo nome - rincarava! Come se non bastasse ancora lo zietto quando arrivava la sciura Vanoni naturalmente si vantava di avere una nipotina che portasse quel nome e per quel motivo, magari per prendersi una mancia, che ne so, avere un aumento. Insomma, morale delle favola, ad un certo punto della mia vita, ripeto sei-sette anni, mi sono trovata nell’appartamento di Ornella (Vanoni) a prendere il tè ed i biscotti con lei. Voi non avete idea di quanta paura avessi: era un alloggio enorme, gigantesco, piena di roba, curato, lei poi indossava dei vestiti incredibili, mai visti ed io… io non vedevo l’ora di tornarmene a casa!»

 

Spostando la lancetta del tempo di qualche decennio ritroviamo Ornella (Luppi) al Giardino del Torso che aspettando... la notte dei lettori si cimenta nei panni di Sancho Panza. Quel Sancho Panza, si, il fido di Don Chisciotte della Mancia. Indovinate chi vestiva i panni di Don Chisciotte? Sbagliato. Era Tomas Sione, perfettamente in parte, s’intende, però alzi la mano chi non ci avrebbe visto bene - anzi benissimo - al posto suo quell’altra Ornella, quella di prima. «Sebbene DC e SP siano personaggi a mio avviso estremamente attuali abbiamo proposto una versione molto comica, macchiettistica: e siamo stati ricompensati da una risata continua, fluente, liberatoria, terapeutica da parte di tutto il pubblico dei bambini. Ma ridevano anche gli adulti, come al solito, forse ancor di più. Poi, come spesso accade, i personaggi hanno preso il sopravvento ed abbiamo iniziato a prenderci in giro a vicenda in primis per l’abbigliamento di Sancho, bardato di attrezzature da bagno con tanto di copriwater! Ed oggi Don Chisciotte me lo vedo diagnosticato come un malato di Alzheimer, ma che invece vive sempre dei suoi attacchi di fantasia incontrollata in questo gioco tra realtà ed immaginazione dove quella fantasia diventa reale: insomma lui decide che è cosi e cosi è! E la Vanoni? Beh, adesso lei dice tutto quello che pensa, senza qualsiasi tipo di filtro. Insomma, hai visto, siamo ritornati all’inizio della nostra storia!

 

Vulcanica, estrosa, imprevedibile, che fa comunità, che mette insieme le persone, spirito giovane, che adora i giovani, li spinge, li sostiene, che rimane giovane anche quando poi quei giovani invecchiano, che si rinnova, ed è partecipazione, trasparenza, di grande cuore, che non conosce manipolazioni,  che è così, come è, che quello che dice fa: in questo collage di descrizioni fatte dai suoi colleghi possiamo ricavare (se ancora ce ne fosse stato bisogno) che in Ornella Luppi convivono tante anime. Che poi sono sempre quelle: il rock, la Vanoni e Don Chisciotte, il suo scudiero, varie ed eventuali.

 

Perdonerete ora una domanda istituzionale (una sola) ma è stato d’obbligo chiedere alla nostra ospite “che tipo di lettrice sei?” scatenando un’ira quasi funesta: « io sarei una lettrice invece… insomma mi arrabbio molto perchè lavorando coi libri, promuovendo la lettura e dedicando un grande spazio ad essa per lavoro poi finisce che… insomma, non ho mai tempo per me! A casa ho una libreria enorme dove il teatro copre la parte predominante: alcuni nomi? Artaud, Copi, Jarry e poi la scrittura fredda e al contempo magica di Ágota Kristóf che mi ha catturato di recente, ma anche tanta poesia: Garcia Lorca, Alda Merini.

 

Vendetta imminente ed antididattica in riferimento alla precedente: è il momento del libro da sconsigliare, l’autore da non leggere, il genere da evitare. Con divieto categorico di dire - Harmony - o qualsivoglia libro rosa. «Ora che mi ci fai pensare… non riesco né a leggere né a seguire a teatro Goldoni! Non so neanche dirti il perchè, guarda. Anzi, forse si, dev’essere un qualcosa di freudiano, dev’essere un qualche cosa legato ai ricordi di carnevale (l’infanzia ritorna ancora) quando mia madre mi vestiva sempre da Arlecchino, allargando il medesimo vestito ogni anno, man mano che io crescevo. Ti rendi conto che trauma? E allora, per concludere, tornerei allo spettacolo di cui sopra, nel quale c’è un passaggio dove Sancho arringa - bruciamo tutti i libri! (in questo caso di Goldoni.) E Don Chisciotte gli risponde - nooooo, bruciare i libri porta sempre male! A conferma che non fosse proprio così matto!»

 

Volete sapere quando ri-vederla dal vivo? Appuntamento allora per Canti Viventi il 9 luglio con i ragazzi delle medie e delle superiori che “diventeranno” un personaggio o un canto della Divina Commedia! Insomma, domani è un altro giorno, si vedrà.